21 Ott

XXX Domenica anno C

Dal vangelo secondo Luca, 18, 9-14

La parabola del fariseo e del pubblicano al tempio pone la questione sul problema essenziale dell’atteggiamento indispensabile alla fede: una profonda umiltà su di noi e la rinuncia a giudicare gli altri.

Essa gioca sul contrasto tra i due protagonisti: il fariseo si ferma davanti al cortile dei sacerdoti e all’altare degli olocausti: qui si vanta davanti a Dio, enumerando le proprie opere buone, e vantandosi in particolare di non essere come gli altri. Non c’è menzogna in quanto dice: egli è davvero un uomo della Legge, digiuna due volte la settimana e paga rigorosamente la decima sulle sue entrate.

L’atteggiamento del fariseo è emblematico di chi sostituisce la relazione col Signore con prestazioni quantificabili.

Intanto il pubblicano, fermatosi a distanza, non osa ‘nemmeno alzare gli occhi al cielo e con il capo chino si batte il petto’ in segno di pentimento davanti a Dio. Egli non elenca le sue buone opere, ma si abbandona fiducioso alla misericordia di Dio con le parole del Miserere: “O Dio, abbi pietà di me peccatore!”.

La conclusione giunge però inattesa e sconcertante: “Chiunque si esalta sarà umiliato,  chi invece si umilia sarà esaltato”.(v.14). Questa affermazione ci obbliga a rileggere la preghiera del fariseo, e allora scopriamo l’errata relazione tra il sentirsi giusti e il disprezzare gli altri.

Il fariseo non mente quando presenta a Dio i suoi ‘crediti’. Allora, dove sta il suo errore? Una prima risposta potrebbe essere che l’orgoglio della fede non deve sussistere a scapito del rispetto altrui.

La risposta più profonda però ci viene dal comportamento opposto del pubblicano, il quale si umilia, cioè si prende per quello che è: uno che ha bisogno della misericordia di Dio. L’umiliarsi davanti a Dio è un porsi in verità al suo cospetto, Così Dio attira a sé chi si umilia, perché egli si riconosce per quello che è: dipendente dal suo Signore.

Colui che ‘si ritiene giusto’ invece non può essere innalzato, perché si sente già abbastanza in alto.

L’errore del fariseo è forse qui: non tanto nel dir bene di sé, quanto nel sentirsi autosufficiente, privo del desiderio di essere salvato da Dio.

Solo Dio può dichiararci giustificati, non possiamo certo proclamarci tali da noi stessi!

section-icon

"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

Invia la tua Testimonianza