13 Ott

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

13 ottobre 2019

Dal vangelo secondo Luca, Cap.17, vv.11-19

“Gesù, Maestro, abbi pietà di noi”

L’evangelista Luca ha posto il racconto della guarigione dei 10 lebbrosi tra una domanda degli apostoli sulla fede e una dei farisei sulla venuta del Regno di Dio. Da una parte, Gesù sottolinea l’onnipotenza della fede che ottiene ciò che vuole da Dio e la necessità di servire con umiltà: ciò che la fede ci ottiene è sempre una grazia, mai un titolo di gloria. Invece, in risposta ai farisei, Gesù dirà:” Il Regno di Dio è in mezzo a voi”(v.21). Cioè: là dove si trova la persona di Gesù, specialmente là dove può concedere la salvezza grazie alla fede, si trova già il Regno di Dio.
E’ meraviglioso vedere la fede dei poveri lebbrosi. Essi chiamano familiarmente il Maestro: “Gesù!”. Se la fede consiste nell’incontro di due persone, qui si esprime perfettamente: “Gesù, noi…”. L’ ‘io’ è diventato qui il ‘noi’ della comunione nella medesima sofferenza.
“Maestro”. Questo titolo, posto sulle labbra dei lebbrosi, assume un senso molto forte: lo rivolgono a Lui che è il padrone degli elementi e comanda sulle potenze infernali.
“Abbi pietà di noi!” (v.13): è il grido della sofferenza e della miseria, verso chi può abbreviarla.
Secondo la legge toccava al sacerdote sia constatare la malattia che riconoscerne la guarigione (V.14): evidentemente questi lebbrosi sono già stati dal sacerdote, dando Gesù l’ordine di andarvi, promette loro indirettamente di esaudirli. Ma sembra anche voler mettere alla prova la loro fede. E i lebbrosi si fidano immediatamente di lui.
Quanto al miracolo, non poteva essere narrato in modo più sobrio: Gesù opera sempre i miracoli con un’estrema discrezione. Luca – forse per impegnarci a cercare altrove il significato del suo racconto- descrive il miracolo come di sfuggita. E il significato lo troviamo infatti nella reazione provocato dalla guarigione.
“Si gettò ai piedi di Gesù” (v.16): la prostrazione era riservata solo a Dio. “Per ringraziarlo”: questo verbo indica un ‘atto liturgico’, l’eucaristia (=rendimento di grazie”) che non può avere che Dio come termine. Qui il lebbroso riconosce in Gesù il vero tempio dove può rendere gloria a Dio.
Spesso si pensa che gli altri 9 lebbrosi se ne siano tornati a casa senza ‘rendere gloria a Dio’. Luca non dice niente di simile, e si può pensare invece che essi abbiano continuato il cammino verso Gerusalemme per mostrarsi al sacerdote e rendere lì gloria a Dio. Il Samaritano, invece, ha capito che obbedire all’ordine di Gesù implicava ben altro che un’osservanza materiale delle sue parole: per ‘rendere gloria a Dio’ non era necessario percorrere la strada fino a Gerusalemme, ma era molto più importante fare dietro-front, e tornare da Gesù! E Gesù lo approva (v.18): Luca vuol certamente insistere sull’idea che ormai l’unico luogo dove si possa rendere gloria a Dio è, Gesù.
Il versetto 19 è il versetto chiave, verso cui tutto il brano converge: “Alzati e va’, la tua fede ti ha salvato!”
“Alzati”: il significato più pregnante di questo verbo, in greco, e di ‘alzarsi fra i morti’, cioè ‘risuscitare’.
“Va’”: un altro verbo pregnante, che ricorda che siamo in cammino, e che Gesù è la nostra ‘via’. Gesù vuol dire al lebbroso (e a ciascuno di noi). “Mettiti in piedi, e sali con me a Gerusalemme, cioè verso la croce e l’esaltazione”.
“La tua fede ti ha salvato”: anche gli altri lebbrosi avevano la fede, tanto che Gesù l’ha considerata sufficiente per concedere loro il miracolo che chiedevano. Ma il miracolo, se presuppone la fede, la deve anche aumentare, come è accaduto al samaritano. E se i 10 lebbrosi hanno ottenuto la guarigione, lui ha ottenuto anche la salvezza!
Ecco l’insegnamento principale di questo racconto: noi siamo salvati per la fede. “Tutto è grazia”, dunque: non si è salvati perché si fa qualcosa, ma perché si lascia che Dio faccia qualcosa in noi!

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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