29 Set

XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Mc. 9, 38-48

Nel Vangelo di oggi Gesù ci educa a spalancare le finestre del cuore per accogliere un diverso, uno che non appartiene ufficialmente ai ‘nostri’, ma che con il suo comportamento rivela di essere in sintonia con Lui.

Il nostro brano è composto da due parti. La prima, più breve, riporta l’allarmismo di Giovanni che considera un tale come un operatore di esorcismi ‘non autorizzato’, cui segue la risposta di Gesù che aiuta a considerare l’altro come un collaboratore e non come un concorrente.

La seconda parte, più lunga, riporta minacciosi avvertimenti sullo scandalo che, se letti correttamente, hanno una funzione preventiva: occorre identificare lo scandalo, snidarlo ed estirparlo.

La prima parte, pur breve, è illimitata nell’applicazione. Gesù si sta concentrando sulla formazione dei dodici. Forti di questo privilegio essi possono aver pensato a un loro rapporto esclusivo col Maestro.

Giovanni, rappresentante dei discepoli, concepisce la sequela come un privilegio invece che come un servizio, gli manca un’apertura missionaria, sembra impegnato a difendere, più che a diffondere, ciò che è e ciò che ha.

Il v. 40 riporta un detto sapienziale che si potrebbe tradurre così: chi non ti è nemico, ti è amico.

Dal versetto 42 in poi il discorso si fa duro e senza possibilità di appello e riguarda lo scandalo.

I ‘piccoli’ sono i membri della comunità ecclesiale, persone semplici che hanno fatto una scelta di fede.  Con chi tenta di bloccare o anche solo di limitare il loro cammino spirituale Gesù ha parole severe.

Esposto il principio generale, il discorso continua e si esemplifica: si presentano tre elementi che racchiudono tutta la vita: mano, piede ed occhio. La prima è simbolo dell’azione, il secondo del movimento, il terzo è la finestra sul mondo interiore.

Siamo di fronte ad espressioni iperboliche, paradossali, da capire nel loro significato, non da interpretare letteralmente, perché la mutilazione non è mai stata un criterio pedagogico di Gesù, né tanto meno uno strumento di salvezza.

L’idea che vuol trasmettere è chiara: il vero bene è la vita eterna, la comunione con Dio. Per salvaguardarla occorre essere disposti a tutto, costi quel che costi.

Il severo discorso di Gesù sullo scandalo diventa un invito a un serio esame di coscienza: non dimentichiamo mai che il massimo della radicalità per il cristianesimo è la misericordia verso i fratelli, ma anche verso se stessi, verso le proprie resistenze dei conversione al Signore.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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