XX Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
Dal Vangelo secondo Giovanni, Capitolo 6, versetti 51-58
Il nostro brano riprende il versetto conclusivo del vangelo di domenica scorsa, in cui Gesù identifica il pane disceso dal cielo con la sua carne, e questa data per la vita del mondo.
A questo punto del discorso si capisce che la volontà di Dio di dare la vita al mondo, si attua nella immolazione di Gesù. Il Verbo si è fatto carne per offrire questa carne alla morte.
La reazione dei giudei non si fa attendere. Il verbo utilizzato al v.52 per descrivere la loro perplessità (‘discutere’), significa letteralmente: ‘discutere animosamente’, ‘altercare’, e ci riporta ancora una volta alla generazione del deserto che ‘altercava’ con Mosè e Aronne (es.17,2; Num.20,3), ed è sinonimo di incredulità.
Lo scandalo dei giudei nasce dal fatto che i suoi interlocutori intendono in senso esteriore e materiale le parole di Gesù, che perciò appaiono loro scandalose e quindi inaccettabili:”Come può costui darci la sua carne da mangiare?”(v.52).
Giovanni insiste sulla loro efficacia, sull’associazione che è legata a loro: la vita eterna. Il cibo e la bevanda sono vere perché sono autentico nutrimento per la vita eterna.
“Mangiare la sua carne” e “bere il suo sangue” significa dunque per il discepolo un assimilare nella fede la totalità della persona di Cristo e un configurare la propria esistenza alla sua.
Tra Eucaristia ed esistenza vi è dunque una ‘circolarità’: questa è assunta in quella, e quella illumina la vita rendendola luogo di esperienza della presenza di Gesù, e di rendimento di grazie.
I versetti conclusivi (vv.57-58) richiamano ancora una volta il tema della vita che ha origine in Dio, comunicata al Figlio e diffusa nel discepolo attraverso l’eucaristia:”Colui che mangia di me vivrà per me”. Il vivere per lui significa non solo che Gesù diventa condizione necessaria perché il discepolo possa vivere, ma anche che la sua vita appartiene a lui, e a lui tende.
Come il Figlio vive per il Padre, perché compie in tutto la sua volontà, così colui che ‘mangia’ del Figlio si conforma in tutto al cibo di cui si è nutrito. L’eucaristia è dunque, come dice il Concilio ‘fonte e culmine della vita del credente e della comunità cristiana’.
La vita di Dio che un giorno si è riversata su Gesù, si riversa ora su tutti coloro che mangiano di questo pane, li unisce a Dio e fra loro, per fare di molti un solo corpo , un solo essere: Gesù Cristo, Signore nostro.