10 Ago

XIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Dal vangelo secondo Giovanni 6, 41-51

“……Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: sono disceso dal cielo?” . Gesù rispose loro:”Non mormorate tra di voi. Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato……. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo …… Io sono il pane vivo, disceso dal cielo……”.

Gesù intende attuare con tutta la sua esistenza la volontà del Padre che è la salvezza del mondo. Ma di fronte a questa ‘pretesa’ la crisi di fede degli uditori di Gesù esplode, come indica il verbo classico dell’incredulità degli ebrei durante il cammino nel deserto :”mormoravano” (v.41). Essi reagiscono energicamente contro il fatto che Gesù voglia sostituirsi alla Legge come fonte di vita e come nutrimento della fede. Infatti, solo nel brano odierno per ben tre volte incontriamo la dichiarazione di Gesù che si definisce “il pane disceso dal cielo e il “pane della vita” (vv.41.48.49).

Questo porta gli uditori di Gesù non soltanto a non riconoscere più in Lui neppure il profeta o il maestro, ma a scandalizzarsi della sua umanità, che  appare loro inconciliabile con la pretesa di essere il pane della vita, cioè la norma per il sostegno della fede. Ormai non vedono in lui che un uomo ordinario, uno di cui conoscono il padre e la madre (v.42).

La risposta di Gesù è chiara: lo scandalo può essere superato solo per e con la grazia di Dio.

Proprio in questa occasione Gesù dono una delle più misteriose e dense affermazioni sulla fede:” Nessuno viene a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato” (v.44).

E’ questo un tema caro all’evangelista Giovanni: credere, diventare discepoli di Gesù, è possibile solo perché il Padre ‘dona’ i suoi figli al Figlio. (cfr. Gv.17,6).

Una ricerca centrata solo sul bisogno dell’uomo e non sulla gratuità di Dio si ferma al presente e non si apre alla novità e alla gratuità di Lui.

Secondo l’andamento tipico dei dialoghi giovannei, che assumono un percorso a spirale, il discorso ritorna ora a quanto era stato annunciato prima con l’opposizione tra la manna e il pane che dona la vita eterna:”Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia” (vv.49-50). Ora non c’è più la manna simbolo della legge, che non dava la vita, ma c’è Lui, il pane che dà la vita appunto perché è il Figlio.

A questo punto Gesù rimanda il futuro: “e il pane che io vi darò è la mia carne per la vita del mondo” (v.51). Questo pane sarà disponibile solo con la Pasqua. Parlando della Pasqua Gesù può finalmente dire che cosa sarà il pane da lui offerto: egli offrirà la sua carne ‘donata per’: il dono totale di sé. E’ in questo dono di sé che Gesù diventa pane di vita per il mondo, e non di vita che perisce, ma di vita eterna.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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